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-calci e pugnI-

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 disegno di Antonella Laila  Iannilli.

 

GRANDE EMOZIONE ANCHE IL MIO SECONDO ROMANZO

-CALCI E PUGNI- di IANNILLI LAILA  ANTONELLA  Aletti Editore

VINCE UN PREMIO SELEZIONATO AL FESTIVAL ORGANIZZATO DA -INVENTA UN FILM DI LENOLA- CONCORSO LETTERARIO -TRE COLORI- TRA I 200 LIBRI PIU BELLI D' ITALIA ( Un grazie alla mia casa editrice Aletti Editore, al suo convinto credere negli autori e nei loro progetti letterari, alla mia amata boxe il mio sport che nel romanzo tanta forza regala ad Ulla la protagonista principale, e al festival

-CONCORSO LETTERARIO TRE COLORI-che ci ha donato questa meravigliosa opportunità

Elenco Selezionati del 4° Concorso Letterario Tre Colori 2022 per la categoria NARRATIVA LUNGA (BIANCO AVORIO) Entra nel link 

https://www.inventaunfilm.it/i-selezionati.../articoli17991

 

IL ROMANZO OGGI NEL 2025 NON E' PIU EDITO SI PUO ORDINARE SU QUESTO SITO WEB DIRETTAMENTE  NELLA PAGINA ORDINAZIONE LIBRI 

-CALCI E PUGNI-  

di Antonella Laila Iannilli

 Ulla una ragazza estremamente fragile vive ai margini della vita in povertà assoluta, s'innamora perdutamente di Francesco.

La giovane si catapulta con passione nella più coinvolgente storia d’amore della sua vita. Francesco è un uomo bellissimo, gestisce un'azienda  nella quale confluisce tutto il mondo. Ulla vive una quotidianità modesta, la vita costellata da rinunzie e delusioni troppo anziano per comprendere i suoi silenzi, la sua voglia di volare, amare ed essere amata. La relazione tra i due inizia splendidamente. Molto  presto Ulla sensibile come una farfalla, scopre che tra Francesco e Rutina Grimilde, il capo cameriera dell'albergo diabolica e crudele. una donna spregiudicata,   vi è un legame travolgente.

La coppia diabolica per un inspiegabile perverso gioco, costringe con   incredibili astute idee ,la ragazza a fare da copertura   alla  loro storia d’amore. Una triangolazione folle creata da Francesco  torture psicologiche che la  donna  insieme al suo compagno Francesco, infliggono alla ragazza   di portata immensa. Ulla  cade in un vuoto fatto di sofferenza, il dolore diventa insostenibile. Il gioco creato ad arte è di una crudeltà   immensa e nasconde una terribile -verità-. ULLA subisce e sostiene dolorosamente per  anni questa situazione perversa.  Le violenze  fisiche e psicologiche fermentano a dismisura giorno dopo giorno. -La triangolazione narcisistica creata ad arte dal re del narcisismo Francesco, era stata congegnata alla perfezione-   

Improvvisamente, decide  di mettere  fine a questa intollerabile relazione, nella quale si sente prigioniera del male.  Sceglie di andare a sorpresa a trovare Francesco recandosi presso l'albergo all' insaputa di lui.

Per capire o vedere qualcosa che sicuramente le era sfuggito. Nascosta dietro la porta finestra dell'abitazione, ascolta silenziosa.

Con Francesco e Rutina Grimilde c'è un altro ospite. La giovane dalle loro parole scopre un piano architettato nei suoi confronti- DIABOLICO- congegnato perfettamente, da lasciarla sospesa in un alone di assoluto stupore. La coppia discute animatamente. L’ospite seduto insieme a loro è strabiliato dai particolari, ride rumorosamente in ballo ci sono soldi e una scommessa finale. 

Ulla  spettatrice inerte e silenziosa, vittima di questa solenne follia, sviene dal dolore.  Al suo risveglio non parla più. A nulla valgono le cure di un noto psicologo dal quale la porta la sua amica Roberta, che prende a cuore la sofferenza e il mutismo dell’amica che nulla vuole raccontare di quello  che ha scoperto.   E proprio quando  il luminare rinuncia convinto che Ulla non parlerà mai più, e casualmente si reca con lei  in palestra dove si pratica boxe, dall'amico Tanoro Yaci il maestro di boxe. Qualcosa cambia, Tanoro sortisce in Ulla un incantesimo, riesce a farla parlare. S'innamora di lei incondizionatamente.   Afferra la sua anima e si inoltra nei meandri dei suoi mali interiori e delle sue bugie, create   per nascondere il dramma vissuto. Avere ascoltato casualmente la scommessa direzionata a lei, aveva portato alla giovane uno squilibrio perpetuo. Una verità  spaventosa, che la ragazza aveva sapientemente eclissato nel suo cuore. Raccogliere i pezzi e ricomporli sarebbe  stato sicuramente un compito arduo.

Tanoro Yaci coinvolgerà Ulla, riuscirà a farle raccontare una parola dietro l'altra, smistando la verità’ dalle bugie, la sua terribile storia d'amore. e a perdersi con lei nei percorsi del mondo e delle sue meraviglie. Tra la natura che regala emozioni se solo la sappiamo osservare da prospettive inconsuete. Un fiume ferito dalla grandine è una visione straordinaria. Trascinerà Ulla, a vedere un tramonto che osservato dalle miserie dì una discarica maleodorante, assume toni nuovi. Osservando la carità educatrice della luce dell’alba.

Ulla dall’immensa generosità  che ha fatto dì questo sentimento la sua condanna al dolore perpetuo, dovrà lavorare molto. Si eserciterà in palestra con calci e pugni, con l'energia dì una forsennata, una sragionata, lavorerà tra i percorsi mentali creati per lei dal maestro  di cui si   scoprirà innamorata.

 La sua  vita è  intrisa da questo spaventoso silenzio. Tutto ciò complica le cose. Fuggire, dileguarsi nei meandri del dolore diventa un labirinto senza fine. E' la verità che dona gioia? O il nascondere questa verità e il silenzio assoluto che regalano amore e sopravvivenza? La risposta non è cosi scontata. Un rebus che solo la sua scelta risolverà, scelta dalla quale dipenderanno l’evolversi della sua vita e quella del suo terribile passato. 

 Tanoro metterà in gioco la sua vita per risolvere questo enigma. La ragazza si allena in palestra sotto le  sue direttive la sua forza scaturisce dalle  sue ferite. L'uomo pone davanti ad Ulla  una bilancia simbolica quanto materica, mettendola di fronte ad un bivio. Dichiarare la verità o nascondersi dietro le menzogne. Una realtà pesante come un macigno. La vita del maestro è posta nelle mani di Ulla. A lei la scelta………Se farlo vivere o morire.   Con un’idea improvvisa nell'immediatezza del momento, nascondendo ancora una volta la verità troppo tragica per essere raccontata Ulla lo salverà.

Sente di essere sinceramente innamorata. Un sentimento straordinario che le cambierà la vita, deciderà di ritornare indietro. Un tuffo ancora nel doloroso passato, are pace con il male. Tanoro le ha insegnato che l’amore è perdono. Eccola nuovamente dopo alcuni anni trascorsi dietro la porta finestra nella grande residenza alberghiera, a scoprire qualcosa di straordinariamente imprevedibile.

 .......  Eccola nella casa nella quale aveva subito torture psicologiche di portata immensa e umiliazioni da parte di Rutina Grimilde e Francesco che avevano fatto dissolvere nel sangue del dolore il suo sentimento  e vede ciò che mai si sarebbe aspettata, rimane stupefatta.

"Quando entrai nel grande salone, provai un brivido. I ricordi terrificanti si fecero nitidi, la prima cosa che vidi fu il quadro ad olio.Un mio ritratto  che brillava di luce propria. I meravigliosi colori rarefatti rimandavano bagliori. Faretti luminosi intersecavano il mio volto dipinto.  Tutto intorno al quadro fiori colorati, orchidee  i fiori che io avevo tanto amato nel giardino di Francesco. Continuai a perlustrare la casa... E fu con grande sorpresa che vidi venirmi incontro…." Quando uscì Ulla sentì forte un'emozione, dopo la scoperta incredibile che aveva ribaltato ogni fatto, ogni situazione. Un finale non prevedibile, assolutamente straordinario. Ripensai  al fatto  che dal dolore era nato un fiore e quel fiore   portava un nome…..

……. Finché l’uomo distruggerà con la violenza psicologica o fisica la matrice della sua origine –LA DONNA- per ogni volta in cui sarà protagonista di tutto questo sarà un colpo inferto alla vita, una sorta di autodistruzione universale …….

 

 (QUESTA E' UN OPERA DI FANTASIA. Ogni riferimento alla realtà è da considerarsi puramente casuale. La caratterizzazione personale attribuita ai personaggi rendono la storia un opera di fantasia dell’autore ) 

BRANI DAL ROMANZO -CALCI E PUGNI-


 Quando Ulla entrò nel mio studio la osservai con estrema attenzione. Il viso riceveva luce dall'alto, proveniva dalla finestra dietro le mie spalle. La ragazza cercava inutilmente di evitare i riverberi luminosi che la intersecavano abbassando lo sguardo infelice. Possedeva una fissità anomala  appariva sconnessa Il viso emaciato, la distribuzione delle forze pareva concentrata solo sulle gambe, pareva occultare un cratere interiore che le impediva di articolare alcun suono. Tentavo di recuperare idee  nell'osservare la posizione del corpo, completamente disarticolato evidenziato da una posa transitoria. Dopo un'attenta osservazione potevo affermare che vantava un’immobilità assoluta.

Gli occhi parevano segnati dal sonno eterno. Si sedette di fronte a me, l'ostilità nei miei confronti

era sottolineata dal suo viso che pareva assomigliare a una roccaforte da espugnare. Non un segno vitale, nel mio pensiero solo utopia. (Cosa potevo domandarle?) Il mio lavoro aveva spesso risvolti lirici nei quali ritrovavo un'ispirazione profonda radicata in anni di lavoro. Cercai di aggrapparmi ad ogni principio etico e morale, dovevo assolvere questo compito con energia e riportarla alla vita che le spettava. Alle domande che feci casuali, sintetiche, rispose ripetutamente e serialmente

<<Non commento >>.

La osservai nuovamente con attenzione. Sembrava scaturire in lei un’essenza innaturale che  risaltava nel volto infelice, lunghissimi capelli le sfioravano morbidamente le spalle (cosi lunghi da sembrare una dilatazione del suo pensiero). Il viso contravveniva a tutte le regole, spento, drammatico, di una bellezza arcaica. Il lungo collo, i capelli corvini rilasciavano sensazioni.
Un’essenzialità nei lineamenti e nel portamento che rimandava emozioni temperate, misteriose, aeree. Se avessi chiuso gli occhi avrei avuto difficoltà a ricostruirne una fisionomia precisa, tutto concorreva a distrarmi totalmente da un’idea esatta.
Mi domandai il perché di questa percezione. Come una smagliatura mentale.

 

    

 Esplorare l’universo mentale di Ulla mi sembrò un'enormità. Mi sentii per la prima volta nella vita il fotomontaggio di un professionista. Come se alcuni pezzi mentali sfuggissero alla mia persona, come se l’aspetto poliedrico della professione dello psicologo si azzerasse. Osservai i tratti del viso della ragazza giocati su toni chiari, delicati, una ragazza appartenente alla << Casa incantata >>  Profondamente assorta nel suo drammatico dolore. Negli infiniti giorni in cui Ulla venne alle sedute nel mio studio, quella fiducia in Dio che  mi sosteneva  durante il mio lavoro di psicoterapeuta, quella carità interiore  che proveniva dal profondo, venne meno.

La giovane donna si proponeva ostentando sempre l’agonia nello sguardo. Quello che avevo raccolto come materiale, (dall’amica Roberta) era il racconto storto di una storia d’amore vissuta da Ulla. avevo appreso il tutto dall’amica che l'aveva ritrovata alla fine di questo rapporto. Distrutta, disintegrata, senza più alcun vocabolo che uscisse dalle sue labbra se non l’espressione:

<<Non commento >> Nessun altro indizio mi era stato segnalato, come se anche lei avesse voluto dimenticare integralmente questo epilogo drammatico. Nessun altro accenno a particolari episodi  di questa relazione, che appariva come un enigma, nulla che potesse tornarmi utile per decifrare il codice mentale della giovane per poter  applicare la cura necessaria. 

Oggi Ulla era più vivace; si era pettinata i lunghi capelli in due trecce perfettamente simmetriche e rigorose. I suoi occhi erano come panni stesi al sole, un'allucinante vibrazione risplendeva dentro di essi. Iniziai ad agganciarmi con energia al suo stato euforico, cosi inconsueto nella giovane e a porle domande. Mi sentii un aguzzino. La giornata era radiosa. Spalancai le finestre dello studio per sortire in lei una reazione, il mio ottimismo si smorzò quando mi voltai. Ulla era rannicchiata nella poltrona e si copriva il collo con le mani. Come se avesse appena subito un'aggressione, fu una cosa subitanea si ricompose immediatamente in maniera dignitosa, mi guardò severa. Nel volto un miscuglio di allusioni e linee fluenti. La cruda, essenzialità del passato era continuamente rimessa in gioco con una potenza drammatica. La posa della donna sintetizzava le sue insicurezze, le radicate paure. <<Ulla cosa succede? >> Mi avvicinai, sentii come se alle mie spalle gravasse un cielo tempestoso, cupo. Gli effetti del suo comportamento si riflettevano nello spazio intorno. Era una svolta significativa alla mia analisi in senso introspettivo che segnava il passo, indirizzandomi verso un’indagine profonda e accurata, che avrei dovuto compiere per avvicinarmi a quel cuore corroso a quella crosta, ai suoi inconfessati segreti.

 


 
 

 

Discuteva animatamente con il maestro di boxe. La bellezza femminile carica di sensualità trasmetteva energia, la diversa luminosità negli occhi della giovane mi rese inattivo. Sentii nelle molecole interiori che da qualche parte avevo sbagliato. Quel tempo che passava sotto i miei occhi un tempo mai inventato colmo di spensieratezza imprevista, sottolineato dall'accentuarsi del tono gioioso, mi rimandò senza indugio ai ricordi lontani della mia gioventù. Un binario immobile direzionato al passato che pareva non volere portarmi da nessuna parte. Rievocai le parole di mia madre una sera d'estate prima della partenza verso le vacanze estive.

<< Non si può comprendere il mondo se prima non si sa dove si vuole andare >> Dove volevo andare io? Fui certo in quell'istante preciso di aver fallito con Ulla, Il tracollo delle mie teorie terapeutiche di analisi psicologica era lì di fronte all'universo tutto.

Materico come lo scoglio che si confonde con il mare, e alla fine diventa mare. Tutto si ingarbugliava rimescolando ogni certezza. Nulla era come pareva essere. Nello sfondo i giovani avevano intrapreso una corsa in cerchio, con esercizi ritmici senza fine, spezzando poi improvvisamente i cerchi per riunirsi in forme geometriche sferrando pugni immaginari nell'aria. Quell'aria di cui sentivo avere un immenso bisogno. Dove avrei trovato quell'isola per respirare? I miei paradigmi di vita, ogni mio convincimento erano messi in discussione. L'immagine dei boxeur in azione  si staccava dal fondo per ribaltarsi verso di noi, a creare intorno alla figura di Tanoro Yaci ed Ulla uniti in un dialogo che pareva infinito uno sfondo multiforme. Lei con il suo innovativo atteggiamento aveva ribaltato sfumature, intelligenze, decenni di psichiatria. Mi sentii un fragile paziente bisognoso di cure. Cicatrici interiori prendevano forme strambe, inusuali alla mia immaginazione. Un pesce che annegava nella stessa acqua in cui era nato, nella quale da decenni si crogiolava. Le masse corporee in movimento, gli addestramenti senza tregua alcuna, rendevano l'insieme vivacissimo, Ulla ne faceva parte integrante rinnovata e gioiosa, in questa modificazione repentina dalla quale io rimanevo totalmente escluso.

Andai al silenzio ovattato del mio studio, mi apparve come un immenso bozzolo informe. Privo di vita. A cosa poteva servire un luogo sicuro se si volevano salvare dal male tutti i mali? Le mani si attorcigliarono nervosamente all'unico bottone della mia giacca. Mi vennero in mente le strade brulicanti ricolme di individui alla ricerca della verità assoluta, colmi di ferite tra i percorsi della vita, alla ricerca di  dimensioni  umane alle quale inconsapevolmente aggrapparsi. Mi sarei perso tra di loro e con loro nei marciapiedi e binari morti di stazioni abbandonate a se stesse. Ulla mi osservò luminosa senza sussulti. Come se io fossi solidificato lì da sempre. Nessuno stupore in lei, pareva colorata di rosso. Percorsi la palestra in pochi minuti e fui vicino ai due..     

 

 

 

Quando lasciai Ulla nella palestra di boxe, iniziò subito gli allenamenti. Si mise a correre in cerchio sferrando pugni immaginari, ripetendo tutti gli esercizi in velocità. Rimasi a osservarla come sempre stupito. La sua forza era travolgente, La boxe le calzava perfettamente, una forza sovrumana fuoriusciva dall'esile donna, una potenza nelle braccia, nelle gambe, inverosimile.

Stava colpendo con rapidità il sacco  con i pugni usando anche i calci, una cosa non prevista nella boxe. Gesti febbrili violenti, agili, scattanti.
Una conversione fisica in salita da lasciare strabiliati. Non c'è potenza senza pensiero la forza va calibrata, non mi sentii di fermarla, 
la lasciai liberamente inventare.

Stava sfogando il dolore della sera prima. I calci, i pugni, divenivano metaforici. Ulla colpiva il male, che con un inganno abominevole Francesco e Rutina Grimilde le avevano fatto subire. I miei pensieri affondavano le radici nella voglia assoluta di sapere. Lo sfogo rabbioso di Ulla in palestra pareva essere una forma di attestazione di verità che la terribile storia d’amore  vissuta dalla ragazza fosse reale.  Il racconto che mi aveva fatto la sera prima in stato di trance, pareva di una terribilità quasi impossibile.  Era la verità? Il suo corpo  pareva una molla, interagiva violentemente, non un cedimento, la ritmica danza saltellante sui piedi mostrava una stupefacente verità; la rabbia viene dal dolore. Ci vuole forza a quintali in questo sport  e poi un sogno: quello di farcela a tirarla dalle tasche  questa forza velocemente, con potenza e semplicità, averla disponibile a portata di mano, a volte avviene con anni di tecnica, a volte con facilità come nel caso di Ulla. 

I sinistri e i destri si moltiplicavano sempre più cattivi, con una violenza inaccessibile ad altri. Fischiai come da prassi, per fermare l'esercizio lei si arrestò scarmigliata, irreale, tesa. Uno sguardo  sorprendentemente contraddittorio, stanchezza e forza. La rabbia temperata dalla dolcezza dei suoi occhi intrisi d’intensa profondità umana si proiettava dentro i miei. La ragazza era visivamente il prolungamento di una natura in rivolta. Cosi unificata ad essa da sembrarne il respiro spaziale.

C’era qualcosa di lirico nelle sue movenze. Una morbidezza coloristica nel viso, che rendeva evidente una soavità mentale, un'ingenuità cosi vicina ai fiori......

I ricordi erano solo sventramenti e se l'ardire a volte la riportava indietro nei luoghi lugubri della mente nei quali le ombre la riconducevano ai complotti minacciosi di Rutina e Francesco, ne usciva vinta. Il tutto si dilatava a formare un ammasso oscuro dai contorni labili. Ulla osservò in lontananza il mare che non esisteva, in una dimensione da sogno, i verdi dominanti, l'acciaio dei riflessi, che staccavano lenti fulgori a forma di destini segnati. Voleva addormentarsi sentiva la percezione che il sogno fosse li ad aspettarla per trascinarla via dalle scorie della vita. Si raggomitolò su se stessa in compagnia dei sogni lineari e fragili come un esercito di cristallo. Era uscita presto quel mattino. La considerazione che la boxe fosse uno sport nel quale avrebbe potuto sfogare la sua rabbia, la sentì come una certezza. Una rabbia che si era accumulata silenziosa e se ne stava seduta lì da qualche parte, in un angolo segreto a riemergere con forza ogni volta che ripensava al suo passato. Una collera che non era uscita al momento giusto, e non era stata capace di proteggerla dal male, qualcosa che sventrava la sua serenità, un riverbero di follia e di amarezza viva. Uno scavare a forza nella carne. Cercava un varco, un nuovo respiro spaziale. Si mise a correre a perdifiato verso la palestra. Cadde e si rialzò, non vi era più discontinuità tra la sua corsa, la città e le riflessioni, un movimento infinito e disarmonico.  

 

 

 

 

Gli episodi sulla vita quotidiana di Rutina Grimilde divennero una ripetizione dettagliatissima -ossessiva- Come qualcosa che si perdeva mano mano, tra di noi. Iniziai lentamente a sentirmi straniera nella sua vita, una sorta di donna schiava alla quale narrare i propri tradimenti. Attaccò in frammenti grezzi a ricreare con la forza della parola, spettacolari resoconti assillanti, minuziosi, resi vivi dal tono irrequieto della voce, estirpando dalla mia anima la quiete e la tempesta. Non risparmiava nessun particolare e beatamente compiaciuto continuava tenace nel resoconto giornaliero. Torcevo immobile i miei sogni all’ascolto.

La nostra relazione cominciava a deformarsi. Nel parlare di lei Il suo volto si illuminava di tenerezza, racconti sovraccarichi, come se qualcosa di compresso e segreto albergasse nella sua mente i suoi occhi si accendevano rubinosi, una variazione impercettibile alterava ogni cosa.

Mi incamminai a piedi, il cielo era incorniciato dalla pioggia, le lacrime liquide della natura rotolavano sul mio viso. Raccogliere il lamento della volta celeste sul mio corpo, diede un senso al mio camminare a vuoto.

 

 

 

 

 

Raccontava modificando in continuazione il tono di voce da felice a gioioso, di come andavano a fare la spesa -Loro due - Inseguendosi con i carrelli, ridendo e scherzando di fronte allo stupore di tutti. Seguiva una fragorosa ilarità. Era divenuta una predicazione grottesca. Ero innamorata, iniziarono piaghe silenti nell’anima a strapparne i contorni minuziosamente.

Farmi sapere con accenti estatici che si accompagnavano spesso vicendevolmente, mentre io rimanevo provvisoria, volutamente nascosta. Tenuta in disparte come un oggetto-instabile-che non si sa dove collocare con precisione mi  feriva profondamente. In questo assemblages di follia i miei pensieri si scomponevano. Cercavo di ricordare anche solo un momento nel quale Francesco si astraeva dal nominarla; accentuandone con forza le mille qualità. La mia memoria trovava solo spazi pieni nei quali io ero esclusa totalmente. I ricordi dei momenti lieti iniziarono a frantumarsi ad essere sempre più fugaci. Tutto riconduceva a Rutina Grimilde. Quel sovrapporsi di drammatica follia che Francesco mi faceva ritrovare con la voce affascinante, senza curarsi di nascondere l’emozione che trapelava  stava correggendo e scoraggiando il mio sentimento.

Il mio stupore per l’immediatezza entusiastica delle sue narrazioni era palese, ritrovavo nell’analiticità delle sue parole un misto di pazzia.
Iniziai lucidamente e simultaneamente alle conversazioni telefoniche  molteplici e dinamiche che Francesco giornalmente e puntualmente redigeva su di lei, a mangiare e vomitare tutto quello che potevo, interrompendo le telefonate senza che lui si accorgesse neppure della mia assenza di pochi minuti. Il mio corpo si stava ammalando, la massa corporea si restringeva, il cuore era ridotto ad una stanza chiusa a chiave. Nella quale non sarei più voluta più entrare una  strana bidimensionalità si inseriva nel nostro rapporto d’amore rendendomi insicura, nervosa, statica. La triangolazione narcisistica creata ad arte dal -re del narcisismo- Francesco era stata congegnata alla perfezione.

Sentii un senso di solitudine profonda, mi ritornarono alla mente le parole crude urlate da Francesco nei giorni passati, nettamente scanditi dalla rabbia, aveva annientato la mia autostima, con grande purezza avevo affidato a lui i miei sogni. Il suo impulso distruttivo mi aveva abilmente sfruttata e sospinta in un baratro,un atmosfera di solitudine nella quale lui era la rappresentazione del male. Una pungente penetrazione psicologica emanava dal suo sguardo metallico, ad annientarmi.

Il giorno prima le reazioni di Francesco erano state di un’emotività folle. Aveva scaraventato sul pavimento tutto quello che aveva trovato intorno a lui, scatenando un pandemonio, di fronte ai miei occhi atterriti. Questo succedeva serialmente se solo affrontavo l’argomento.

I gesti violenti si affastellavano, riducendo ogni possibilità di gioia e serenità, mi rannicchiavo su me stessa, impaurita dalla brutalità psicologica ispirata dalla sua crudeltà e dai suoi trasalimenti feroci che si concludevano con lo spintonarmi fuori dall’automobile alla prima piazzola, con terrificanti insulti. Arrivai a pensare che forse mi fossi sognata tutto. Lo strazio di quei mesi mi aveva trasformato. Francesco aveva proiettano su di me tutti i fantasmi del suo passato, ne ero consapevole, in lui spirava sempre un atteggiamento da torturatore. Mi sentivo inerme, la malinconia perfezionava linee parallele, che stavano mettendo in discussione la gioia per la vita che avevo sempre posseduto. Imbastivo continui ragionamenti sul perché mi facesse soffrire gratuitamente, ma non trovavo una logica nel suo comportamento che potesse dar sonno alla ragione.

Mi alzai presto quel giorno e osservai il colore screziato delle pareti umide della camera, il gelo aveva inumidito la carta da parati, che in un lontano passato doveva avere avuto un senso.

Mi affacciai alla finestra, un corvo era posato sul ramo di un albero, pensai il perché non ricordassi neppure il volto di mia madre. In una sensazione dall’effetto illusionistico la immaginai tenera, impreziosita da occhi bellissimi. Iniziai lentamente a preparami, pensai a mia madre avrei voluto averla li, tenerle la mano, stringere il suo corpo al mio. I sentimenti si fecero talmente lievi da divenire poesia, la poesia lievita così e non conosce tempo. Ero ansiosa, sentivo dentro di me una sorta di energia contenuta, corrispondente a tutte le mie domande inevase, sospese, tra mistero e aggressività.

Riflettei spesso su Francesco bambino e all’alleanza stipulata con la madre. La spola da casa all’azienda, era divenuta per lui un percorso giornaliero densa di atroci rivelazioni. Immaginai la sofferenza di quel ragazzino, un’esperienza drammatica che aveva di certo influenzato tutta la sua vita. In una forma di metaforica imitazione si stava realizzando uno scambio di identità. Due distinte personalità io e la madre si fondevano agli occhi di Francesco in una sorta di astrazione, l’angoscia la medesima. Il tratto più caratterizzante dell'uomo era questo legame con il suo drammatico passato, questo volere ricordare a tutti i costi il luogo dove la madre aveva sofferto. Non riusciva a proiettarsi in avanti, dove sicuramente il futuro poteva apparire più clemente nei suoi confronti, si rifiutava di andare oltre. Mi svelò con il tempo che veniva spesso da solo a passeggiare al Ponte coperto. Per ricordare la promessa che le aveva fatto e che avrebbe mantenuto. Il suo viso incorniciato dai bei capelli scuri, da lineare diveniva torvo, lo scrutavo con i sensi e non vedevo in lui null’altro che l’uomo che amavo. Osservai il cielo, le stelle in alto si staccavano con forza ribaltandosi verso di noi, la diversa luminosità contrastava con l'oscurità sterile di questa storia d’amore, che perdeva di sacralità giorno dopo giorno. Le ormai lontane astrazioni dello straordinario inizio staccavano distanza, lasciandomi sospesa e senza speranza. Gli accordi polverosi dei miei pensieri venivano incessantemente a disturbare e turbare la mia quiete  stravolgendomi e dandomi la sensazione dello spostamento della luce verso il basso, l'unico punto di fuga era l'amore che ancora eroicamente provavo. Tutto si riallineava ogni giorno in maniera frastagliata non vi era più alcuna certezza.

Nascondermi alla sua cerchia di amici tenendomi in disparte mi amareggiava molto. Il tutto si stava tingendo di torture psicologiche di immensa portata inflittemi con grazia e leggerezza <Sei triste stasera Ulla cos’ hai? >>  La domanda si posò su di me come le ali di una farfalla stanca. Il centro focale rimanevano i suoi bellissimi occhi. Una serata nella quale Francesco pareva manifestare una tenerezza assoluta. Eppure, una staticità inusuale trapelava dal suo sguardo. Lo osservai taciturna.

Era successo molte volte che alle mie risposte si fosse appigliato per litigi violentissimi, tumultuosi e sfrenati, dopo i quali io mi smaterializzavo nella paura e nell’incertezza, ricadendo reiteratamente nei collassi nervosi. L’angoscia che inaspettatamente perdesse il controllo frenava ogni mia espressione verbale. Calibravo con estrema attenzione ogni mio movimento. Bastava una parola sbagliata, qualcosa che contrastasse con le sue idee e poteva succedere un accesso di ira incontenibile. La ricerca di una staticità assoluta nell’espressione per non preoccuparlo, era anche essa una forma di tortura che svuotava l’ anima.

 

 

 

Al mio risveglio attirai a me Francesco e lo baciai. Un nuovo respiro amoroso intersecava lo spazio circostante, mi fidavo, avevo dormito abbracciata all’uomo che amavo. Delimitando in quell’abbraccio tutta la mia passione.
Passare un’intera notte vicina a Francesco era un sogno che volevo vivere da mesi, lontana dalla maleodorante cucina nella quale lavoravo. Lontana dagli abusi e dai soprusi. Mi preparai con cura Francesco era euforico agitatissimo, come se la causa e sostanza del mondo fosse racchiusa in quell’incontro.

Ero ottimista nessuno scoramento quella notte era arrivato a disturbare i miei sonni. Era stata per mesi una reiterata predicazione su Rutina da parte di Francesco, ero certa che un motivo valido doveva esistere. Fiduciosa pensai che fosse giunto il momento di conoscere questa colonna portante dell’azienda, questa -Carmen- universale dei desideri, (forse di tutti… I SOGNI). Entrai nella stanza trattenendo quasi il respiro, accompagnata da Francesco che mi precedeva, per conoscere - Rutina Grimilde - osservai subito intorno a me ero serena, non la vidi, la sentii… Una fragorosa risata si scagliò con violenza verso di me, abbassai lo sguardo, la vidi… Una piccolissima donna con due occhi metallici, mi osservava silente. Ciabatte ai piedi, un grembiule a quadri stinto, una teglia stretta tra le braccia, nelle quali giaceva inerte una torta dalla visione allucinante, un susseguirsi di strati variamente colorati, tenuta con forza come fosse un figlio.

Si muoveva lestamente in cucina, come se ne fosse la padrona assoluta. Un un’atmosfera surreale, spigolosa oltre ogni limite mi colse sprovvista, la sua freddezza mi fece trasalire. Si presentò con sveltezza senza alcuna ricercatezza nel tono della voce <<Sono Rutina Grimilde>> Condensai nel mio sguardo amaro i pensieri, la osservai silenziosamente, non era possibile che fosse lei!

Non riuscii ad abbinare la donna a Francesco, ma paradossalmente non riuscivo ad accostarla a nulla e a nessuno. Era questa la - FEMMINA - magnetica, che aveva rapito tutti i macro e micro pensieri di Francesco? Impossibile! Non poteva essere la donna di cui mi parlava con serialità, logorando sistematicamente la nostra storia d’amore, con un rapido e insopprimibile flusso di parole. Ero certa  RUTINA GRIMILDE- era un’altra donna! Nascosta alla meglio all’ultimo minuto, usando questa figurante malcelata come contro altare all’altra, quella vera, la Carmen dei desideri, vestita di rosso scarlatto. Mi sentii come un argonauta che barcollava su teorie incerte. Dove si trovava? La fantasmagorica donna dall’affascinante malia, che dai racconti pareva fare incantesimi e incanti incantatori? <<Sono io sono io!>> Affermò ancora con orgoglio la piccola donna, giuliva, elargendo

con sprezzo una larga risata sguaiata, da apparirmi come un pescecane affamato. Rivolsi lo sguardo fuori dalla finestra. Una densa foschia si disegnava all’orizzonte, creando suggestione e mistero, il rapporto con la natura mi aveva sempre affascinato. Osservai il parco, sembrava un piano colorato sospeso nell’aria, le libere invenzioni della natura erano straordinariamente perfette…..
 
 

 

Francesco era andato oltre ogni limite di spietatezza nei miei confronti ne ero consapevole. Continuare a compiacere la sua crudeltà non sarebbe servito. L'umiliazione subita, le parole istantanee …
<<Ulla sei un rifiuto della società ! >> Che rimbalzavano e non avrei mai più dimenticato, formavano un coagulo di dolore profondo. Uscì, lasciandomi sola con Rutina Grimilde. La donna mi osservava animata dalla curiosità, i miei pensieri rimanevano vuoti, distratti. Lentamente mi curvai verso di lei per osservarla meglio. Mi sentivo fuori posto, percepire una barriera  mi immobilizzava ad un confine illimitato, invalicabile. Ero lontana da ogni sicurezza, Rutina sembrava possedere una sicurezza monumentale, insieme alle chiavi del tutto intorno. La sua certezza sfrontata mi pietrificava.

Fu Rutina a infrangere lo spazio tempo con una fragorosa risata. << Hahahhaha cosa pensi di trovare qua? Hahahahhaah, qui non vivrai mai ! Ricordalo bene !>>  Lo sguardo comunicava un susseguirsi di vibrazioni spietate e insensibili. Scrutai gli spazi dell'elegante cucina definiti da una luce raffinata, si diffondeva da un lampadario che mediante un calcolatissimo rapporto tra lastre trasparenti

di cristallo di rocca diffondeva un alone accurato, signorile. La donna di fronte a me era in netto contrasto con la meravigliosa luce che si propagava. Rutina mi esaminava ardita, la figura dalle proporzioni accorciate, smagrita, immota, lo sguardo -Ebete- adagiato in un viso smisurato solcato da occhi illuminati da un colore senza vita. Distante da ogni previsione. Cosa si nascondeva dietro questa situazione ambigua........

 

Ulla si e era seduta accanto a me nella vettura svincolandosi dallo zaino.

 Costruiva autonomamente una situazione inequivocabile di tensione tra lei e ciò che la circondava. Osservava il- Tutto intorno- silenziosa, impaurita. Come se io neppure esistessi, come  se si sentisse abbandonata a se stessa. Tutto quello che la circondava  pareva essere  dispensatore d'angoscia. Afferrava con forza nella sua mente le possibilità di fuga in caso di pericolo improvviso. (S' intuiva dalla ricerca insistente dello  sguardo smarrito dal quale pareva fluire un movimento ininterrotto del pensiero). Simulava e restituiva l’immediatezza delle sue incertezze.   

Si sfiorava i capelli con una grazia da favola, come se l’accarezzarli fosse un carezzare i suoi pensieri, il suo cuore sfiancato.

Continuai a guidare aumentando la velocità del mezzo, per vedere l’effetto che potesse aver sulla giovane. La osservai veloce con lo sguardo corto, ma non trapelava nulla, quel sovrapporsi di mistero e dolcezza me la mostrava come un’ incantatrice di serpenti, dalla  profonda drammaticità, la  situazione di non ritorno,  mi lasciava inerte.

Mi diressi verso la palestra. Sullo sfondo del cielo si stagliavano colori carichi e luminosi. Le nuvole, pochi accordi di grigio. La sera stava calando, il lato luce del mio cuore si stava rapidamente spegnendo.

Lo studio psicologico su Francesco nella mente di Tanoro Yaci fu approfondito in pensieri larghi, meditati. Perché questo immenso odio per Ulla ? A tal punto dal creare una simile sottomissione?

Conoscere tutta la storia era rilevante per comprendere le leve di tale flagrante follia.

La generosità della ragazza nell'accettazione di una situazione congegnata ad arte per umiliarla era eccessiva, l'altruismo faceva parte del suo bagaglio personale. Doveva esserci una spiegazione nel comportamento di Francesco. Un teorema che pareva essere già organizzato per manovrarla fino a farla letteralmente impazzire, muovendo le leve profonde della sua psiche, trascinandola volutamente all'autodistruzione all'annientamento personale.

 L'esagerata generosità della donna l'aveva condannata al dolore perpetuo. Un altruismo cieco, che incombeva sulla sua anima. Nelle ferree regole di vita questo tipo di sentimento catapulta negativamente. Un'abnegazione senza controllo può divenire audace e tenebrosa, lasciando in chi riceve attese incessanti e illogiche.

La relazione insana che aveva vissuto ne era un esempio pratico.Il lasciarsi andare totalmente nelle mani di Francesco l'aveva catapultata in una situazione di abuso, senza via d'uscita.

Una figura febbrile quella di Francesco, che pareva mostrare falle psicologiche profonde e una cattiveria cerebrale senza limiti un narcisista patologico. Avrebbe potuto vivere la sua storia d'amore con Rutina tranquillamente, senza coinvolgere in una situazione ripugnante Ulla, profanando i suoi sogni, il suo delicato e profondo sentimento, la sua inalterata purezza,imbavagliando il suo amore l'aveva annullata e sconfitta.

Spazzare via dalla sua mente questa angoscia, sarebbe stato impossibile. Il pezzo mancante della storia faceva presagire a qualcosa di violento che aveva demolito in lei anche l'uso della parola rendendola muta volontaria, e tumultuosamente trasformato la sua vita.

Ulla era in palestra, la osservai silenzioso, si stava allenando al sacco, i suoi pugni erano micidiali, una forza travolgente di natura misteriosa dettava le regole sopra ogni principio.

Colpi rapidissimi, ganci, diretti, violentissimi e potenti. Una tecnica perfetta, calibrata, indirizzava la sua rabbia con estrema sicurezza.

Una donna ai margini della vita, che Francesco aveva volutamente spinto a forza in un inimmaginabile stagno mentale.  

Proseguiva a colpire il sacco senza sosta, lo faceva rimbalzare lontano, come se sotto i suoi piedi ci fosse una piattaforma vibrante che elasticizzasse tutto il suo corpo. La selvaggia performance rendeva palese che la sofferenza era la leva della sua potenza fisica. Dalla sua disfatta, fuoriusciva una forza quasi  atmosferica che emanava e si espandeva senza limiti.  

Aveva  accettato per amore di vivere una situazione congegnata ad arte per umiliarla fino alla resa totale, portandola allo squilibrio.   

 

 La tenni per mano dolcemente e osservai l’arrotondarsi della sua mano nella mia. Lo interpretai come una voglia di seguirmi di lasciarsi portare, Ulla si modificava in continuazione, una forma plastica, un divenire continuo come un fiume che scorre.

Quando partii con l’auto era seduta vicino a me ero ispirato da un altalenarsi di idee, un variare di gradazioni mentali e di concetti che accentuavano il vuoto tra di noi.

Lei cosi primordiale, matematicamente silenziosa, io un insieme di aerodinamicità. Ogni tanto osservavo il suo volto dalla grazia araldica, immobile e silenzioso. Era attenta ad ogni mio sguardo vi era in lei una componente primitiva e violenta. Tipica di chi nasconde segreti che fanno male al cuore. Inarcò il corpo e si mise ad osservare attenta fuori dal finestrino. Eravamo giunti in mezzo ai boschi, sfrecciavamo con il mezzo tra alberi taglienti e fronde limacciose  seguendo una traiettoria a caso, senza alcuna meta. Gli alberi e i pineti che costeggiavano la strada  sembravano stilizzati, filiformi. Con sorprendente rapidità ci ritrovammo in un anfratto.
Mi fermai e scendemmo, intorno era tutto un altalenarsi di caos, fango, concavità. Sembrava mancarmi il respiro, era il luogo più orrido che ricordassi. Un angolo provvisorio, qualcuno aveva scaricato del gesso e alluminio sparso qua e la, rendendo il posto spaesato, lugubre.  
Una prospettiva davanti a noi ai limiti della regolarità si solidificava al nostro sguardo. Ulla si era accovacciata concentrandosi su se stessa. Come a volersi allontanare dalla realtà nella quale io la introducevo. Uno squarcio di natura osservato da un lato inconsueto. Una visione sicuramente inaffidabile. La mente della ragazza era come in una scatola piena di oggetti da gettare via, e da ricomporne eroicamente i pezzi. Discernendo il bene dal male, le bugie dalla verità.
Mi avvicinai  i suoi occhi esprimevano squilibrio e una precarietà dovuta ad esperienze lontane. Vissute con Francesco e Rutina.  <<Ulla forza! Riordiniamo insieme la natura! Dobbiamo dare luce al buio!>> 

 

"Se non metto in ordine la stanza ... " Rimasi istintivamente attirato dalle sue parole, rivelazioni improvvise fatte da una donna che aveva dei silenzi che duravano settimane. Non sapevo cosa rispondere, non capivo di che stanza parlasse; eravamo in mezzo ad un bosco straripante di fogliame. Compresi  che nel suo cuore vi erano cicatrici color viola. <<Ulla ti abbraccio senza che tu debba per forza dimostrami di essere forte >> La strinsi a me sentii dentro al mio cuore una catarsi tragica. Nelle retrospettive dei miei pensieri non ricordai di possedere un momento cosi commovente. Quando la grandine iniziò a tamburellare tra le foglie, il cielo ad incupirsi con striature dorate, pareva un multiplo di suoni, di rumori secchi. Il vento poderoso iniziò un ritmo in ascesa travolgente. Non volevo ripararmi ma vivere con lei quell'attimo cosi coinvolgente nel quale la natura percuote la stessa natura  con veemenza inspiegabile, la prospettiva giusta per osservare le ferite del mondo. Cosi vicine alle ferite degli uomini.

Presi la mano della giovane saldamente nella mia e iniziai a correre, portandola con me. La grandine possente ci cadeva addosso lineare  e ritmica come se sopra di noi ci fosse una macchia azzurra che si sfaldava, era quasi buio.

Correvamo in maniera incontrovertibile. L'idea che il fiume ferito potesse assomigliare al dolore di Ulla era oramai un'ossessione. Sentivo di essere sulla strada giusta, la trascinai procedendo velocemente lei si mostrava agile come una gazzella, possedeva una forza primordiale, il suo volto era una maschera. Rivoli di acqua scorrevano nei suoi occhi. Lo sguardo una metamorfosi graduale, repentina, sorrideva. Si sentiva svincolata, una corsa tra i rovi alla ricerca del fiume. Un urlo improvviso risuonò senza freni, senza alcuna inibizione <<Siamo liberiiiiiiiiii >> La corsa infinita in spregiudicata libertà, il cielo dispensatore di acqua, la potenza plastica delle gambe di Ulla in movimento mi trasportarono in una dimensione da sogno.

La mia gioia nel trascinarla per le braccia era immensa, come a volerla portare via dal male. Un sottofondo di rumori arditi, gli alberi scossi dal vento. Cinguettii di uccelli in volo che fuggivano dalla drammatica tempesta creavano una situazione polimaterica frammentata. La fecondità della madre terra nella sua possenza, ci pervadeva integralmente.

Giungemmo al fiume, bagnati e senza forze e il fiume ci trovò stretti. Le coprii il capo con la giacca, la strinsi a me. Il suo volto era acceso di luci, immerse le mani nell'acqua con determinazione e le lasciò affogare nel lucido gelo del fiume.

Acqua come primigenio ventre materno, lei che di amore non ne aveva mai avuto da nessuno.

Non avrei più dimenticato quel momento solenne. Sintetizzato in una parola -Candore -

di un'assoluta intensità  << Ulla chi era lui ? Chi ti ha fatto del male ? >>  Il rumore secco e violento della grandine le impediva di sentire bene le mie parole << L' amore mi ha fatto male, solo l'amore!>>  Rideva in una dimensione amara, un sovrapporsi tra istinto e ragione, ragione o invenzione ?

Il tema sempre verde della violenza aleggiava nei suoi occhi, il temporale stravolgente e l'altissima tensione creatasi tra di noi  aveva regalato una situazione misteriosa,  avrebbe svelato il suo terribile segreto. L'adrenalina cresce nei momenti di emergenza i lampi solcarono il frontale del cielo, la paura schiuse le sue porte a questa verità cosi perduta, talmente tragica da avere reso Ulla muta, silenziosa, mi cadde tra le braccia in una sorta di trance. Questo avveniva quando affrontava eventi naturali violenti, lo avevo scoperto per caso, e il caso mi spalancava le porte ai suoi misteri, cosi ancorati al dolore. Il rumore delle fronde continuava a ostacolare fra noi ogni dialogo. Lei recepiva ogni mia parola, perché rispose alla mia domanda  <<Mi hanno tradito, Ieri, oggi, domani….. >>

 

Ulla si risvegliò dal suo stato di trance improvvisamente cosi come vi era entrata. Nel volto della giovane confluivano le luci surreali della notte. I suoi occhi spalancati galleggiavano nel vuoto, l'esplorazione dell'inconscio e del suo passato espressa nel racconto la lasciava inerte. Come se improvvisamente una saracinesca si fosse chiusa prima della rivelazione finale che avrebbe potuto darmi una visione chiara dello shock che aveva subito. Il collage della sua narrazione mancava dell'ultimo pezzo. Le accarezzai i capelli stanchi, il viso era dominato dalla tristezza, negli occhi ancora la brillantezza del nero, le labbra rosse luminose.

 La storia paranoica che avevo ascoltato rivelava accenti forti di una deflagrazione mentale che era scaturita dalla follia orchestrata dall'uomo con l'ausilio dell' amante.

 Ulla mi guardò col volto livido, senza emettere parola, l'atmosfera era dominata dalle luci aurorali, il tempo era scorso senza freni, la strinsi a me con tenerezza. Da ogni parte tutto sembrava gigantesco, la sporcizia della discarica  pareva diventare una figurazione mostruosa che faceva da sfondo al suo racconto. Ebbi paura che le inquietanti fisionomie di Rutina e Francesco cariche d'insidie  potessero ricomparire lì, lucide di fronte a noi, come un incubo assurdo di cui non si potesse spegnere la luce. L'alba si propose improvvisa portando in se un'ascendenza surrealista, una sensualità misteriosa dai colori caldi dove fili immaginari di suture, collegavano il tramonto al sogno collettivo di rinascita. Ulla colpita profondamente dallo squarcio di luce rigeneratrice, proprio in quel luogo in mezzo all'orrido coglieva il senso profondo che dal male si può risorgere, dalla sofferenza si può fuoriuscire.

 

 

Non riuscivo ad alzarmi dal pavimento, ed ebbi la sensazione di volare in picchiata verso il basso. L'imbarazzo insediava liberamente i miei pensieri e i miei gesti oltre il bordo del reale.

Francesco mi strattonava trascinandomi con le mani aggrappate come artigli al mio corpo verso l’uscita. Mi sentivo a disagio, lo sguardo dei presenti in sala era bruciante, sembrava avere l'apparenza di un tornado che non accennava ad arrestarsi di fronte a nulla.

Nei volti altrui la malinconia assumeva uno spessore denso. Osservavano la mia immobilità, attoniti di fronte alle urla prepotenti. Le parole divennero schegge e si attaccavano alla carne, accendendo nell’anima la paura. Stavo sprofondando in un precipizio. Tentai di salvare la serata cercando di calmarlo, gli esiti furono tragici  << Ulla ti rendi conto che sei un rifiuto della società? Devi prenderne consapevolezza, senza di me non esisti ! Non ho mai provato nulla per te, solo pietà >> Gli gettai il lucchetto sul tavolo, lo scaraventò per terra. In auto mentre mi riaccompagnava era un alternarsi burrascoso di epiteti ignobili. Francesco aveva programmato tutto  e valutato il giorno con precisione matematica  -Il mio compleanno- …………………

 

 

 

 

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